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sabato 20 giugno 2015

L'eterna sera di Silvio D'Arzo


C'è questa espressione che non mi va più via dalla testa: "spolveriamoci il cuore e non pensiamoci più". Sembra una di quelle frasi simpatiche, ironici inserti colloquiali che gli scrittori usano spesso.  Io invece credo che racchiuda tutta la tristezza del mondo. E D'arzo ci avverte: "quando ci si mette il mondo sa ben essere triste, però. Ha perfino intelligenza in questo". I racconti provano a sussurrarci le cose che si possono dire solo al buio, che non si ha il coraggio di riportare del tutto alla luce. Come la signora Nodier. Una vedova che, senza morire, ha arrestato il corso della sua esistenza. Quando un soldato le riporta a casa l'amata cagnolina del marito defunto, non riesce a sopportarne la forza della vita e la fa imbalsamare.
La dimensione di questi brevi racconti è quella di un'infelice (ma sopportabile) quiete, quella di un'eterna sera. I personaggi sono quasi tutti senili, ipnotizzati dagli spettri dei ricordi. Attendono. Più che le parole (per cui i protagonisti provano addirittura vergogna), parlano i colori del cielo di montagna: il viola, il blu, il grigio, l'ottone. Stiamo sospesi, non nella malinconia, né nel dolore né nel rimorso (come ci avverte il protagonista alla fine del racconto principale). Bensì in un grande vuoto. "Qualcosa era successo, una volta, e adesso era tutto finito". 
Per fortuna Henry James si fa sentire a distanza di molte lune (che D'Arzo ama tanto). La sua influenza, sebbene ovvia, non è ingombrante e questa raccolta è una gemma. Lo stesso non si può dire per l'edizione Einaudi del 1980. Capisco tutte le vicissitudini editoriali che ha passato questo piccolo libriccino però non si può trovare nel testo "Cecof" al posto di Cechov, e una cascata di virgole messe a caso, due punti ripetuti come se fosse uno scritto in codice morse ecc.. Noto con piacere che è stata fatta una nuova edizione (in biblioteca purtroppo era disponibile solo una copia malconcia dell'edizione trapassata) e spero che sia stata corretta (o quanto meno, rivista!) la singhiozzante punteggiatura. Mi rifiuto di credere che D'Arzo la usasse in maniera così scellerata.
Ad ogni modo, leggetelo, amici.

martedì 25 marzo 2014

Il pezzo mancante - I granchi dell'editoria #10

Articolo originale, uscito per Youbookers 

ilenia 001
Uno dei molti problemi di noi lettori della nuova era consumistica è la mania del possesso. Mi ritrovo giornalmente a discutere (anche contro me stessa) sul valore della biblioteca e del prestito – poi del girone infernale creato appositamente per coloro che non restituiscono i libri parleremo un'altra volta. Cerco in tutti i modi di convincermi che possedere un libro non è indice del suo valore. Uno dei libri che mi ha cambiato la vita è stato: “La fabbrica di cioccolato” di Roald Dahl, letto a sei anni in biblioteca. Mai avuto una copia. Eppure, dopo molti anni, ancora riesco a citarlo con disinvoltura in un pezzo che non c'entra assolutamente nulla. Finiamo sempre a parlare dei nostri libri preferiti, non importa su cosa verte la discussione.
Tuttavia non posso negare che esista nella mente di noi lettori un tarlo materialista e vorace che ci spinge a divorare tutti i nostri risparmi, comprando, comprando, comprando libri. Tantissimi.
L'effetto più evidente di questo circolo vizioso (formato da quattro tappe: accumuli risparmi-bruci i risparmi-accumuli libri – muori sotterrato dai libri) è la ricerca spasmodica dell'edizione più economica. Sì, perché tanti libri equivale a tanti soldi. E siccome tanti soldi non si hanno nell'era della condivisione di tutto tranne che dei suddetti, allora ci si arrangia. Questa rubrica che curo da qualche mese, fondamentalmente dovrebbe convincervi di una verità inoppugnabile: l'edizione è importante. È meglio spendere di più per un lavoro svolto come si deve che spendere meno per un lavoro trasandato. Una verità che le vostre mamme - rifiutandosi di comprarvi qualsiasi cinesata,  in attesa di un dolcevita di lana vera anziché i fuseaux di Barbie (che bramavo più di ogni altra cosa) - vi avrebbero dovuto inculcare da piccini, insieme al culto della canottiera sotto la camicia. E invece no. Invece siamo venuti su male. Noi disperati pronti a raccattare qualsiasi prezzo straccione, vi ricordate la discussione sui Newton a 0,99 centesimi? Se non ve lo ricordate andate qui. Ma prima dei Newton a #menodizero  c'erano loro: i libri dell'edicola. I classici di Repubblica-L'Espresso a un euro. Le collane del Corriere. I raccontini del Sole 24 Ore. “Ce l'ho tutti”. Come le figurine all'asilo.
S'innesca un meccanismo pericoloso che non mi sento né di condannare in toto né di celebrarlo come la vittoria dei poveri lettori contro il malvagio e ingordo sistema editoriale. Dove ci rimette uno ci rimettono entrambi. Molto spesso ad un prezzo miserevole, corrispondono traduzioni scimmiesche o decrepite, o peggio ancora: le edizioni incomplete, il mio personale supplizio. Dopo Tenera è la notte  (ed. Dalai) e I demoni (ed. Newton) si aggiunge un altro nome alla triste lista: “Il carteggio Aspern”, edizione facente parte della collana “La biblioteca di Repubblica”, a cui  manca il capitolo finale. La narrazione s'interrompe in maniera repentina e brutale. Il lettore è dapprima spiazzato, poi incredulo, poi imbufalito.
Capisco che costi un euro e non è che si può pretendere il lavoro editoriale di un team di filologi. Capisco che è l'era del precariato e ogni azienda si raccapezza come può - proprio Lunedì la Feltrinelli ha scambiato il contenuto del mio pacco ordinato online con quello di un omino con dei gusti tremendi in fatto di gialli incolpando dello sciagurato errore proprio la mancanza di personale - ma questa è un altra storia.
Davvero, mi mostro molto comprensiva. Tuttavia il fatto che manchi il finale può essere semplicemente o 1) il risultato di una sbronza epocale – avete presente il miglio d'oro ne la fine del mondo? 2) il ritorno dalla Costa Crociere. Tra l'altro i viaggi in crociera veri sono molto più mesti e ti lasciano addosso una vaga sensazione di appiccicaticcio, non di certo un'irresistibile voglia di tornarci.
Cosa ci rimane da fare, a questo punto? Esatto, amici. Spendere il doppio per procurarci un'altra edizione. Nell'elenco di libri da ricomprare per un mio personale (e sbagliato) spirito da collezionista ho già sette libri che avevo comprato in una pessima edizione. Sto adocchiando (fissando per ore in libreria in attesa che mi venga il coraggio/la malsana idea di buttare altri soldi dalla finestra, comprandoli) quest'edizione e quest'altra. Tutta colpa della taccagneria. E per le suddette cantonate ora sarò costretta a spendere il doppio. Un lavoro editoriale non è facilmente sostituibile. Ci rimettono tutti. Ma adesso il quesito più urgente è: a chi rifilerò quest'edizione immonda, questo moncherino fetido?

giovedì 23 gennaio 2014

Il vostro potenziale libro preferito è al macero. Che fare? - I granchi dell'editoria #9

ilenia 001Cosa succede quando scoprite che il libro che agognavate è fuori produzione? Escludiamo per un attimo le reazioni fumantine, l'adozione di un linguaggio colorito e lo sciopero della fame. Come fare per recuperare il tomo dei nostri desideri?
Quando appare la dicitura: “non più disponibile sul sito”, una parte di noi lettori già si dispera e si arrende, pensando che non ci sia modo di recuperare il suo potenziale libro preferito. Sì, sono un'ottimista. Fingete che nessun romanzo si riveli mai una delusione: il fantastico mondo dell'irreale e della possibilità non ci delude mai (Gatsby mi ha traviato in giovane età).
Alcuni lettori più navigati (o più ostinati) invece andranno in un luogo mistico che ricorda, neanche troppo vagamente, la stanza delle necessità in Harry Potter: il mercatino dei libri usati.
Le più varie tipologie di lettori si muovono in questo universo meraviglioso: molti si limitano a spulciare negli anfratti più bui per poi accontentarsi di classici in edizioni rilegate (io non ci sputerei) ma senza trovare il romanzo contemporaneo per cui erano arrivati speranzosi. Altri (i bibliotecari) si limitano a catalogare nella loro mente ogni singolo tomino (compresa la posizione del banchetto – stile battaglia navale - e un bozzetto del volto del venditore) in attesa di tempi migliori. Pochi conquistano addirittura il titolo di pirata (tutto quello che vogliono lo conquistano con la forza a prezzi stracciati).
E poi ci siamo noi. La categoria degli sfigati. Quelli che non hanno un mercatino di libri usati nella propria città. E che hanno tre opzioni: traslocare in una città migliore; mettere tra i preferiti il sito del Libraccio o supplicare la casa editrice colpevole del misfatto di ristampare il vostro potenziale libro preferito.
Lo scorso mese, tuttavia, si è profilata per la sottoscritta – che cercava come un segugio Amore e morte a Varanasi – un'altra opzione: la strada del digitale. Il libro che è andato fuori commercio, per i motivi più disparati, può rientrare nel circolo dell'amore letterario grazie all'opportunità che offre l'edizione digitale. L'ebook costa di meno, permette di recuperare un romanzo fuori produzione e potete averlo senza fare il giro del mondo in ottanta camicie di sudore, ma con un semplice click. I vantaggi del digitale ancora una volta tornano utili a noi lettori (che troppo spesso demonizziamo questo miracoloso mezzo). Se il vostro potenziale libro preferito non è ancora stato digitalizzato, potreste chiedere voi stessi alla casa editrice di farlo e sono sicura che la possibilità sarà vagliata (al contrario della ristampa, ipotesi remota sulla quale è meglio non sperare troppo).
Insomma chi ci rimette? Sicuramente non la foresta amazzonica.
Articolo originale qui