sabato 25 aprile 2015

Stalin + Bianca, Iacopo Barison. Il balletto meccanico dell'apocalisse.

Tra i candidati del Premio Strega 2015 (poi escluso dalla cinquina)
Edito da Tunué, collana Romanzi, pag. 175, 9,90 


Un ragazzino con una videocamera in uno stadio vuoto. Accanto a lui, Bianca - una ragazza cieca e bellissima - di cui è innamorato. Stalin, lo chiamano. Per via dei suoi folti baffi. Soffre d’improvvisi attacchi d’ira che riesce a tenere a bada ingurgitando pillole da un blister che porta (quasi) sempre con sé. Sta per compiere diciotto anni (anche se non vorrebbe). Sta per commettere un’azione a cui non potrà più porre rimedio (anche se non vorrebbe). Sono entrambi giovani e soli. Questa è la storia della loro fuga, attraverso un mondo contaminato e freddo che sembra non avere più molto da offrirgli. 

“Il mondo è arrivato ad un punto morto”

La provincia da cui fuggono è gelida e quasi disabitata, una “palette di grigi” da cui tutti tentano di allontanarsi. Verso dove? “Dove non c’è la neve”. La realtà immaginata da Barison è infatti cupa, dagli accenti apocalittici. Il mondo è irrimediabilmente contaminato, guasto, al capolinea. Eppure la morte descritta di Barison non è fatta di violenza, brutalità, panico. è una disperazione sorda, avvolgente, pigra. La foschia circonda tutto, il lento deteriorarsi del pianeta è uno spettacolo malinconico.
 La società occidentale ha perso colore e autenticità ma non i suoi comfort. D’altra parte, “il mondo è sull’orlo del baratro ma non è ancora caduto”. La Capitale è lasciva, squallida, irreale. I paesaggi metropolitani sono marchiati da una nuova fase del capitalismo, non più sgargiante e promettente ma conformista e grigio. Il marketing si è ridotto all’osso, persino nel consumo ormai c’è ben poca scelta. Non è più uno svago ma il riflesso condizionato dei tempi andati. 
La Capitale (che non ha nome né coordinate geografiche precise) è un territorio esploso:  “L’orizzontalizzazione delle razze, la mescolanza di peculiarità etniche” hanno creato bizzarri risultati: fast food di cucina fusion, veg burger, e altri amalgami di culture disperse. Ogni quartiere assomiglia a quartieri lontani, situati addirittura in altri emisferi”
Non manca elettricità, né cibo, né acqua in questa triste apocalisse.  Ma le verdure sono liofilizzate, il mondo è sterile e spento. Stalin si chiede come mai non ci siano più arcobaleni, ogni traccia di bellezza sia stata risucchiata, così come ogni speranza per il futuro. 



“Respireremo la crisi di un’epoca che ha fatto il suo tempo”.
Tutto questo ci viene restituito attraverso frammenti, istantanee, esattamente come il corto che sta girando Stalin. Il protagonista infatti è percorso da due tensioni: una distruttrice (i suoi attacchi d’ira) e una creativa che lo porta ad esprimersi attraverso il racconto visivo del loro viaggio.  A fare da contrappunto alla “lunga parete nera” che è la vista di Bianca,  c’è l’obbiettivo della videocamera di Stalin. La narrazione è quindi estremamente visiva, ci restituisce un mosaico dei nostri tempi fatta di spezzoni incoerenti e spietati. Il romanzo procede come una puntata di Blob: sulle note di What a wonderful world, si susseguono accostamenti paradossali, immagini di giocolieri in una discoteca, scheletri che elemosinano droghe, individui che indossano maschere antigas come accessorio fashion.  Tutto danza attorno a noi come un balletto meccanico. C’è qualcosa di inspiegabilmente melanconico in questo romanzo: un movimento che simula l’organico ma non possiede lo stesso slancio, un movimento senza scopo, automatico. Come il viaggio dei due protagonisti, diretti verso il vuoto. 
La domanda che si pone Barison: cosa succede se anche i posti in cui fuggire sono finiti? 

Il romanzo s'indebolisce nella seconda parte, caratterizzata da una serie di banalizzazioni sul maledettismo giovanile. Anche lo stile risente di un’esasperata drammatizzazione, un’eccessiva sentenziosità. Per descrivere atmosfere così particolari funzionano meglio certe immagini come l’insegna al neon sgangherata della pensione che ospita i due giovani o la fontana di ghiaccio che diventa una grottesca attrazione turistica. Show, don’t tell. 
Quello che dovrebbe essere un viaggio di crescita in realtà è un’involuzione esacerbante del protagonista che, improvvisamente libero dal disturbo di cui soffre, si crogiola nel proprio ego, perde in umanità per diventare invece il grande eroe di una tragedia (senza pathos). 
I dialoghi si fanno artificiosi -  laddove nella prima parte erano essenziali e taglienti - dei giri a vuoto. Stalin e Bianca si ritrovano a vivere tra artisti di strada, pochi soldi, molti ideali e droga. L’intenzione dell’autore è quella di dipingere uno scenario d’apatia ma il talento artistico dei protagonisti più che sprecato sembra inconsistente. 
Infine Bianca. Dovrebbe essere la co-protagonista ma è un fantasma, riflesso di Stalin: irreale, piatta. L’ennesima figura femminile oggetto di sguardo e pressoché inerme. Bellissima e ininfluente. Nella narrazione, chiusa completamente nella soggettività (spesso ottusa) di Stalin, gli altri personaggi risultano opachi, inutili.  
Se si dovesse trovare una causa da imputare ai difetti di Stalin+Bianca, certamente, sarebbe la megalomania del protagonista principale. Un difetto che è possibile perdonare al romanzo di uno scrittore molto giovane (è quasi impossibile non trovare un eccesso di slancio retorico nelle prime opere, specialmente in quelle di autori ambiziosi). 
  
Una serie di campi lunghi, una storia crudele, dalla bellezza cupa che, sebbene traballi dal punto di vista narrativo (come racconto breve sarebbe stato perfetto), ci restituisce un’originale visione del mondo, suggestiva e intensa. 


Note a margine: se l’istinto non m’inganna, Barison è un lettore di DeLillo, che ritroviamo soprattutto nell’idea di Metropoli incoerente e labirintica. Mi sembra poi che gli artisti che vivono in un palazzone abbandonato siano un chiaro accenno ad Underworld

martedì 7 aprile 2015

Lettori si cresce: invito alla lettura senza slogan.

  
È possibile trasmettere l'amore per la lettura senza slogan, senza retorica spiccia, senza trasformare la letteratura in un passatempo lezioso, in un rifugio alienante, buono per nutrire un business da giostrai? Sto parlando di tutto quel filone editoriale che fa leva sulla magia dei libri (alimentata dal profumo della carta naturalmente), sulla bontà dei librai e su altre baggianate ruffiane. La variante pseudocolta dell'amico gay. Molto graditi gatti, tazze fumanti e donnini in gonnellina e ballerine, stampati sulla copertina, grazie. L'ultimissimo prodigio: La lettrice di mezzanotte (?). Ma davvero si vuole salvare la letteratura rendendola innocuo hobby per signorine un po' tocche? Per piacere. 


Giusi Marchetta, al contrario, punta tutto sulla letteratura che infiamma. Mette al bando, i diritti del lettore di Pennac, o almeno uno: il verbo leggere sopporta l'imperativo. Leggi è un bellissimo comandamento. Scansa luoghi comuni polverosi e vuoti: "leggere è bello, interessante, educativo ecc..". Va al cuore della sua ossessione, mostrandone anche i lati cattivi, oscuri. La lettura non è naturale, non è bella e basta. Si legge anche per isolarsi, per allontarsi dal mondo. La letteratura non sempre insegna, non ci rende migliori, non ci rende più bravi. Leggere non è utile ma è necessario. Leggere in modo critico, curioso, che poi è anche l'unico modo autentico.
I libri non sono più interessanti delle persone. La letteratura è fatta per le persone, dalle persone. Qualsiasi tentativo di rendere più facile, più rassicurante, più sgargiante il mondo dei libri rispetto a quello della vita è imbarazzante.
"Lettori si cresce" è un ibrido tra narrazione e saggio, per nulla prevedibile, di un'ironia sagace. Tanti spunti, tante tipologie di non-lettori (e anche qui si dimostra l'intelligenza e l'antiretorica di indagare la realtà a partire dall'esperienza e non dalla volontà di imbonire quel mostro gigantesco, sorgente di tutti i mali, che è diventato "l'italiano che non legge"). Davvero molti i passaggi illuminanti, li inserisco qui sotto. Scusate per la qualità infima. 




Quando ci scontriamo con letture particolarmente ricche, succede che improvvisamente anche le discussioni più banali, trite e ritrite nella quotidianità, acquistino una luce diversa. V'invito a leggere questo post su facebook da cui è partita una discussione interessante su cosa la letteratura per ragazzi dovrebbe e non dovrebbe fare. Prima della lettura di "Lettori si cresce" probabilmente avrei risposto in maniera diversa, con più cinismo, senza dubbio.
Il secondo spunto invece c'entra più che altro con l'invito alla lettura e le risorse che la tecnologia ci mette a disposizione. Argomento che non è affrontato direttamente nel saggio ma su cui ho riflettuto. Vi riporto per intero il messaggio ricevuto sul mio profilo tumblr e la mia risposta a riguardo.  

Ho letto la tua recensione su anobii riguardo "Lettori si cresce" e mi hai convinto a prenderlo :-) Tu lo hai letto in cartaceo o eBook? Sono indecisa per via del prezzo: rispettivamente 14 e 8 euro.. È un bel risparmio ma 8 euro per un ebook mi sembrano sempre troppi :/



L’ho letto in ebook grazie alla biblioteca (le novità più interessanti ci sono quasi sempre, è incredibile). Il sistema MLOL (lo so che fa ridere) mi sta salvando la vita. Ha accresciuto enormemente il mio accesso a tantissimi titoli che anche solo per pigrizia (sai quanto è faticoso andare in biblioteca? molto poco ma ogni scusa è buona) non avrei mai letto. Con un click, hai tra le mani la risorsa desiderata. Anche per lo studio, è un sistema rivoluzionario! Immagina di scrivere una tesina. Con il cartaceo per trovare quel passaggio da citare ci staresti duemila anni, con il digitale c’è la funzione “trova”, sprecando un massimo di tre minuti d’orologio. In Europa, soprattutto al Nord, tutte queste cose sono scontate e anche ostacolate da molti meno limiti (molte biblioteche italiane non aderiscono, il catalogo digitale va accrescendosi poco alla volta, si possono scaricare solo quattro titoli mensilmente ecc..). Ecco perché è importante che facciate richiesta alla vostra biblioteca del servizio e facciate tantissimo passaparola. La cultura genera valore al di là del profitto diretto. Cosa voglio dire? Prendiamo l’esempio di questo saggio. Io l’ho letto gratuitamente. La mia recensione su goodreads (oltre al mio passaparola tra amici lettori ed interessati all’argomento) ha attirato già un minimo di sette persone che hanno affermato di voler acquistare il libro. Bada che sto tenendo conto SOLAMENTE dei risultati tangibili (cioè persone che hanno manifestato di voler procedere all’acquisto), non ho contato le influenze (in un futuro magari compreranno il libro o ne parleranno con qualcuno). Io stessa, essendo rimasta particolarmente impressionata dal saggio, voglio procurarmene una copia cartacea. Dove voglio andare a parare? La biblioteca (ma in generale i contenuti accessibili su internet) non sono risorse “regalate”. E producono risultati. Il saggio di Giusi Marchetta non l’avrei comprato perché non ho ancora un’autonomia economica che mi permette di comprare libri solamente perché ne sono incuriosita. Devo essere spinta da una sorta di sicurezza. Con la biblioteca invece sono libera di leggere quello che voglio, risparmiando laddove non vale la pena, aggiungendo valore e moltiplicandolo all’interno delle mie cerchie sociali laddove invece ciò che ho trovato mi entusiasma. Valore inteso come sia discussione sui contenuti del libro, sia stimolandone l’acquisto. Una copia gratuita disponibile = sette possibili acquisti. Una copia a pagamento che non potrò comprare = zero patata. Il discorso è lungo e complesso ma ci credo fortemente. Detto ciò, il libro merita di essere supportato. Se non sei un tipo che sottolinea, o legata in modo particolare al supporto fisico, prendi l’ebook che risparmi. Credimi, gli otto euro li vale tutti. 
P.S. Se hai proprio i soldi contati ti consiglio di prenderlo su siti di e-commerce online come IBS, c'è sempre lo sconto (ho controllato: 11 euro!). Amazon boicottalo ché è malvagio. Oddio, pure Ibs ha una dose di cattiveria non indifferente al suo interno visto che mi ha levato le spese di spedizione gratuite. Vergognatevi tutti.