mercoledì 9 dicembre 2015

Leggere non solo con gli occhi

Vi siete mai soffermati su che cosa voglia dire “leggere”? Dimenticate l’aforisma di Kafka (“un libro deve essere l'ascia che rompe il mare ghiacciato che è dentro di noi”) o le frasi slogan che fanno vendere tanto merchandising all’interno delle Feltrinelli (“Leggo perché sono libera” e affini). Mi riferisco alla prassi, all’azione concreta della lettura. Aprire un libro, sfogliarlo, visualizzarne ogni singola parola, seguire con gli occhi le frasi da un capo all’altro della pagina. Il canale di comunicazione: dagli occhi alla mente. Avete mai pensato al fatto che ci sono persone che non possono “leggere” in questo modo perché questo canale gli è precluso? Probabilmente no. Raramente ammetto di averlo fatto io. La realtà è che spesso ignoriamo del tutto che le stesse storie che amiamo possono essere conosciute in maniera completamente diversa, diventare accessibili attraverso altre strade, che non partono dagli occhi per arrivare a noi. 
Sapevate che le persone non vedenti e ipovedenti sono tra i lettori più forti in Italia? Eppure non godono di “parità” effettiva per ciò che riguarda la lettura, almeno non ancora. 
Ho conosciuto uno spicchio del loro mondo, attraverso un reading al buio, organizzato dalla Fondazione LIA (Libri Italiani Accessibili), tenutosi nella cornice del Laboratorio Formentini per l’editoria. 
Cos’è un reading al buio? è l’incontro con la quotidianità dei lettori non vedenti. L’occasione per scoprire come si legge un libro, non attraverso gli occhi. In condizioni di semioscurità, Paolo Colagrande - autore di “Senti le rane” (edito da Nottetempo), tra i finalisti del Campiello di quest’anno - con l’aiuto di Antonino Cotroneo, lettore ipovedente, ha letto alcuni passi del suo romanzo. 


Antonino, al termine del reading, ha spiegato davanti alla classe di ragazzi chiamata all’ascolto, i diversi strumenti utilizzati per la lettura. Oggi la tecnologia permette di leggere in maniera più rapida e semplice, addirittura attraverso lo smarthphone (e i suoi processi di sintesi vocale), non soltanto in braille. Sapete quanto è difficile (e costoso) realizzare un libro in braille? Pensate che la saga di Harry Potter potrebbe occupare un’intera stanza di carta. La Fondazione LIA, coordinata dall’AIE e finanziata dal Ministero dei Beni Culturali, si occupa appunto di sfruttare le nuove tecnologie per realizzare ebook (il loro catalogo è di oltre 9 mila e-book accessibili) che rendano possibile la lettura alla comunità di lettori italiani con disabilità visive.
Personalmente, il modo in cui ho “letto” il testo di Paolo Colagrande ha suscitato sensazioni diverse rispetto alla mia solita esperienza di lettura. Ha dato un’altra dimensione alle parole, quasi più concreta. Le frasi assumevano una sostanza sonora, non si limitavano ad esistere solo nella mia immaginazione. Il reading al buio non è servito semplicemente a sensibilizzare su una realtà “difficile” ma, al contrario, ha dimostrato prima di tutto come accessi diversi alle stesse risorse (le storie) non diano come risultato la stessa esperienza. L’uguaglianza (parità di accesso, stesse possibilità di leggere per tutti) non è sinonimo di omologazione. L’ascolto non è lo stesso senso della vista, così come il tatto - decifrare ogni puntino con le dita (per chi legge in braille) - non equivale al seguire ogni frase con lo sguardo. Per tale motivo non si parla di sostituibilità ma di accessibilità. Sono due mondi diversi, due linguaggi diversi, due traduzioni diverse della stessa storia.


Dopo il reading, Antonino Cotroneo ha fatto un esempio illuminante. La classe di ragazzi che hanno partecipato all’incontro frequenta un istituto tessile. Antonino ha chiesto loro: “E se improvvisamente foste costretti a cucire solo vestiti della stessa taglia? O della stessa fantasia?”. 
Sarebbe un mondo piatto, privo di immaginazione. E così è per i libri. Leggere è diverso per i lettori non vedenti o ipovedenti, non migliore o peggiore. Dipende solo da noi rendere per loro l’esperienza della lettura facile o molto difficile. La Fondazione LIA si occupa proprio di questo e spero che possiate seguirla e supportarla nel suo percorso (sempre in crescendo) verso l’uguaglianza. 
Ormai è strabusato l’esercizio di retorica superficiale su quanto la lettura ci renda migliori, più felici, più bravi, più belli. Suggerisco di abbandonare gli slogan e di concentrarsi su cosa la lettura sia prima di tutto: un diritto. Facciamo in modo che sia accessibile a tutti.  

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