domenica 17 marzo 2013

Il valore del romanzo e il suo prezzo. Disquisizioni.


Qualche giorno fa su Twitter è scoppiata una discussione interessante, su iniziativa dell'attivissimo @Einaudieditore, a proposito della nuova collana Live di Newton Compton, romanzi di autori celebri a 0,99 euro. Ai vertici delle classifiche di vendita, la collana Live è stata oggetto di critiche feroci e di reazioni entusiaste da parte dei lettori. #menodizero  è l'hashtag attraverso cui si è sviluppato il dibattito su Twitter.
Sono emerse posizioni contrastanti.  L'elemento oggettivo è che, in tempi di acuta crisi culturale, la registrazione di picchi di vendite così rapidi, indica che i lettori ci sono e reagiscono.
 La domanda però è: il costo basso del libro attira il lettore o il consumatore? C'è una relazione d'identità tra i due? È forse attirato dai titoli e dagli autori o è spinto a comprare dal prezzo vantaggioso? A difesa della Newton, potremmo dire che il successo di queste iniziative potrebbe partire da interessi squisitamente commerciali ma produrre risultati culturalmente rilevanti come avvicinare i consumatori alla lettura, magari di classici.
La mia opinione è che l'acquisto di un romanzo della Collana Live non corrisponda affatto ad un nuovo lettore. O meglio, non è un esito scontato. L'atteggiamento consumistico, di cui, più o meno, tutti noi occidentali siamo vittime, ci spinge a circondarci di oggetti, soprattutto quando ci vengono presentati come ipervantaggiosi. È l'incantesimo del risparmio, lo stesso che ci fa cedere davanti ad una percentuale di sconto (non importa quanto il prezzo di partenza sia stato gonfiato). Sono logiche irrazionali che muovono un mercato sempre più basato su dinamiche pubblicitarie volte all'acquisto impersonale, più che consapevole. Ci torneremo tra poco.
Le obiezioni, o meglio gli interrogativi sembrano non esaurirsi. La scelta di creare una nuova edizione di un classico dovrebbe muovere da intenti più nobili di una pesca alla cieca tra autori celebri per produrre una collana che venda tanto. Ad esempio, qual è il motivo di creare una nuova edizione de "Il grande Gatsby" quando nell'ultimo anno, soprattuto in vista del film, ne sono uscite diverse (penso, a quella preziosa della Mattioli o a quella del tutto nuova della Minimum Fax) dai progetti grafici, dalle traduzioni e dalle introduzioni ben più autorevoli di quella Newton.
Queste politiche di pubblicazione portano ad una saturazione del mercato che non è più volto alla creazione di uno scenario il più possibile diversificato e valido per il lettore bensì ad un mercato che gioca al ribasso sia nel prezzo sia nella qualità. Cosa c'è di male in tutto questo, vi chiederete. Le case editrici sono aziende e devono vendere. Sì ma una grande azienda, soprattutto un'impresa culturale, non può e non deve smettere di preoccuparsi di muoversi in un ambiente sostenibile e vario, e soprattutto non può non imporsi degli standard di qualità.

Meno di zero è quindi un concetto provocatorio, utile o dannoso per l'editoria? O forse è pericoloso anche per la Letteratura? 

L'edizione della Collana Live non è affatto obbrobriosa. Il carattere è chiaro, leggibile. L'impaginazione è buona. A livello formale, l'unica pecca è la pubblicità-volantino dentro il tomo. Utile dal punto di vista del marketing. Lo spazio pubblicitario costa, quindi perché non inserirlo all'interno dei nostri romanzi? È il principio della fascetta e del segnalibro commericiale, sperimentato da tutte le altre case editrici, solo più sfrontato. Non apprezzo minimamente la scelta. A prescindere dal dubbio gusto estetico, la trovo irrispettosa nei confronti del lettore, sempre più assimilato ad un soggetto da bombardare non con operazioni pubblicitarie che facciano presa sulla scoperta di nuovi autori, ma con la promozione di titoli infantili e facilonerie, come "Ti prego, lasciati odiare" (superfluo aprire persino una parentesi su queste politiche di pubblicazioni quanto mai sterili).
Insomma, il lettore è sempre più vicino ad un consumatore di lattine di birra, più che ad un compratore privilegiato, consapevole. E questo non lo mando giù.
Sulla stessa scia di ragionamento, anche il ruolo dell'editore appare inesistente, più vicino ad un pubblicitario di bassa lega che ad un curatore di un prodotto culturale.
Siamo giunti ad un nodo cruciale. Molti lettori, spesso anch'io, si lamentano del prezzo del libro, soprattutto delle novità. Da un lato, abbiamo novità, non sempre eccelse, vendute a prezzi mai al di sotto dei 15 euro, dall'altro abbiamo politiche opposte come quelle della Newton che non è nuova a prezzi super convenienti. Il concetto di convenienza però deve essere recuperato. Che convenienza c'è nell'acquistare, in un arco di tempo mediamente lungo, tantissimi libri mediocri ad un prezzo che diremmo "ragionevole" (anche se, per me, di ragionevole ha ben poco) se questi libri non ti arricchiscono? Un libro non è un oggetto come un altro. Si compra per ricevere una piccola ricchezza in cambio. È attivo. Il prezzo deve essere equiparato al suo valore intrinseco.
Il problema è il prezzo del libro o la politica sul prezzo? Più disonesto è l'inesistente lavoro di editing associato ad un costo inferiore. Anche perché insinua nell'opinione comune una concezione molto pericolosa della letteratura. A questo proposito mi pare il caso di citare un tweet con cui sono in disaccordo ma che esprime bene i risultati di certe politiche editoriali.


La risposta di Mauro Giannattasio al mio tweet mi ha colpito moltissimo perché diametralmente opposta all'educazione sentimentale nei confronti dei libri con cui sono cresciuta io. Mauro, sostiene, che si paga la bottiglia, non l'acqua. In realtà questo è falso, anche ad un livello non metaforico. L'acqua ha costi di depurazione, costi di impianto e costi di servizio che prescindono dall'imbottigliamento e cioè dal contenitore, dall'involucro materiale che racchiude il bene prezioso. Ad un livello più profondo, che è quello che più ci interessa, paragonare una bottiglia d'acqua ad un libro è sconcertante. E dimostra quanto, politiche di pubblicazione poco meritevoli, abbiano completamente cambiato la concezione della letteratura. Tanto da affermare che la letteratura contemporanea è talmente di basso livello che è assurdo dover pagare qualcosa in più rispetto al solo involucro e cioè la carta su cui è trasposto il messaggio di un autore (che non è più giudicato tale).
Il punto adesso non è discutere se sia colpa delle case editrici che, pur pubblicando tanti autori di qualità decide di pubblicizzare quelli più commerciali, o la colpa è del lettore che non riesce a vedere la differenza tra DeLillo e Fabio Volo. O magari la vede ma non la ritiene sufficiente. Dovremmo anche discutere su altri temi, ad esempio, è ancora possibile oggi dare un ruolo di guida culturale alle case editrici? Ne riparleremo.
Nella società del "tutto buono quel che è gratis", niente ha più valore, se non il contenitore, l'involucro. E quello si paga poco. Questo è il messaggio che vogliamo mandare? E soprattutto questo messaggio è vero? Non dovremmo pagare l'artista? Il suo lavoro non vale niente? Tanto vale costruire la macchina diabolica presente nel racconto di Roald Dahl, Lo scrittore meccanico. Un marchingegno in grado di sfornare mille e più romanzi di genere, semplicemente incrociando trame e stili. La matematica uccide la Letteratura. E allora, case editrici, scrittori, artisti. L'appello disperato ma pieno di eroismo, rimane lo stesso che il grande maestro inglese pone a sigillo del racconto: "Oh, Signore, ti prego, dacci la forza di far morire di fame i nostri figli".  



21 commenti:

  1. Non mi stupisce l'iniziativa della Newton che, come ha già detto, offre a noi lettori almeno il vantaggio di prezzi modesti - come controparte di edizioni il più delle volte orribili. Non credo che ci sia molta differenza rispetto alle collane che escono ad intervalli regolari in edicola e a cui io guardo sempre con occhio complice. Per dire, io ho una wishlist lunghissima e per la maggior parte è composta da classici; in libreria, il più delle volte, vengo però attirata dalle novità, o dai "classici moderni". Se l'Espresso pubblica una collana che contiene La Fiera della Vanità a tre euro, io lo compro, risparmio rispetto ad altre edizioni certamente più prestigiose, anche se poi magari lo metto sullo scaffale per leggerlo "poi". È la me-consumatrice che ragiona in questo modo, ma è la me-lettrice che ne trarrà vantaggio. Della collana Live io ho acquistato Il Ballo della Némirovsky. Da un po' di tempo volevo leggere qualcosa di suo e in particolare Il vino della solitudine, che in edizione Adelphi costa sedici euro. La me-consumatrice, comprando ad un euro il romanzo breve edito da Newton, ha scoperto che la Némirovsky le piace, e questo ha fatto sì che la me-lettrice abbia voglia di leggere ancora qualcosa di questa scrittrice. A questo punto io lascerò da parte un editore che punta quasi esclusivamente alla quantità per uno che fa invece della qualità il proprio punto di forza. Le edizioni di Adelphi o di Einaudi, ma anche della più giovane minimum fax, sono curate, impeccabili, con un ottimo lavoro di editing, i loro cataloghi sono tra i migliori: e la qualità si paga, non c'è molto da discutere.
    Detto questo, ricordo ancora l'edizione della Gabbianella e il Gatto di Sepùlveda (Salani, mi pare): era il lontano 1999 quando mi fu regalato e nel risvolto di copertina vi si pubblicizzava Harry Potter e la pietra filosofale. Premesso che la pubblicità all'interno dei libri è squallida a prescindere, potrei accettarla finché tu, editore, promuovi un prodotto rivolto ad uno stesso target (in questo caso, giovanissimi lettori). Ma in virtù di quale influenza astrale io che ho acquistato un romanzo della Némirovsky dovrei voler leggere un libretto dal titolo Ti prego lasciati odiare? Il lettore viene visto come un essere che fagocita tutto, senza distinzioni: sono perplessa.

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  2. Forse, non ne sono a conoscenza, ma ricordo che non ci fu alcun dibattito quando la medesima della Newton iniziativa fu adottata da Repubblica e Corriere della Sera. Inoltre, il fatto che, negli ultimi anni, l'acquisto dell'usato è cresciuto esponenzialmente dovrebbe far capire meglio qual è il vero problema. Io, ad esempio, da quando non devo più chiedere ai miei genitori di comprare per me, acquisto quasi esclusivamente libri usati.

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  3. secondo me, quest'iniziativa (libri a 0.99) è rivolta ad un mercato diverso dalle librerie, tipo autogrill, edicole o similari.
    le librerie non hanno interesse a riempire gli scaffali di volumi sui quali non avrebbero alcun margine di guadagno.

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    1. "le librerie non hanno interesse a riempire gli scaffali di volumi sui quali non avrebbero alcun margine di guadagno."

      Affermazione quanto mai dubbia.

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    2. Dubbia e smentita dalla realtà dei fatti. Da IBS a Roma la collana è in bella vista, per di più in un angolino allestito appositamente con tutte le altre edizioni cheap della Newton (tascabili, Mammut ecc.)

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    3. "smentita dalla realtà dei fatti" (cit.) è un'opinione, dato che in parecchie librerie di Torino (ad esempio) non ho visto uno (che è uno) di codesti "0.99".
      e in questi giorni ho letto l'intervista ad un libraio "indipendente", il quale diceva che il suo interesse per quei volumi è pari allo zero, in quanto necessitano della medesima "cura" degli altri libri (spacchettamento, posizionamento, etc...) e, fatte le debite proporzioni, a lui non danno alcun guadagno.

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    4. Al piccolo libraio no, ma al supermarket La Feltrinelli sì.

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  4. Per farti un esempio, io possiedo romanzi della Newton (le famose edizioni da 1000lire l'una). In genere si sceglieva la Newton per romanzoni classici straconosciuti (Delitto e Castigo, Malombra, Il Marchese di Roccaverdina... e tanti altri), anziché le più prestigiose edizioni dell'Adelphi o dell'Einaudi che costavano un pochino di più. Certo, era, ed è ancora, una scelta fatta per risparmiare. Se io mi trovassi ora in libreria e avessi tra le mani Anna Karenina di Tolstoj pubblicata da case editrici differenti a prezzi differenti, sceglierei l'edizione più economica, poi per la comprensione del romanzo mi arrangerei in modo alternativo. Se invece ho intenzione di approcciarmi ad una novità, tenderò ad acquistare quella con l'introduzione, la quarta di copertina migliore per scoprire al meglio il nuovo autore. Ma su un punto sono d'accordo: parlando da un punto di vista commerciale, essendo le case editrici aziende, l'obiettivo comune è quello di attirare il maggior numero di consumatori. La quantità, a discapito della qualità. Si paga non tanto il romanzo in sé o l'autore, quanto piuttosto il lavoro di editing e di studio editoriale fatto. Quindi la casa editrice, in sostanza, ti fa pagare soprattutto il contenitore, più che il contenuto.
    (Per le pubblicità ti do pienamente ragione, sono oscene e orripilanti.)

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  5. Il problema di paragonare grandi gruppi editoriali come Repubblica-Espresso a una casa editrice indipendente come la Newton è alla base. Repubblica aggiunge il romanzo classico a basso costo per due motivi 1) aumentare le vendite, usando come traino il basso prezzo del romanzo 2) diffondere un surplus di contenuto (il quotidiano è già un prodotto culturale). L'operazione da edicola è così giustificata.
    Per quanto riguarda il discorso del risparmio, lo condivido da lettrice squattrinata ma bisogna guardare oltre. Come ho detto, chi si interessa di letteratura (quindi chi legge anche blog a riguardo, compra regolarmente libri, inserti ecc..insomma, i lettori forti)è chiaro che preferisce la soluzione economica ma ho cercato di porre il problema su due ordini 1) quanto i lettori che "cedono" a questo tipo di iniziative (come le novità a 9,90) poi sono disposti a sborsare più soldi per un prodotto valido e, secondo me, non lo sono 2)il ragionamento del risparmio non premia la buona editoria e questo è un discorso che un buon lettore, almeno secondo me, deve porsi. Come disse Einaudi in un tweet, "come il nuovo Dostoevskij potrà emergere in questo mercato"? Non voglio assolutamente smettere di comprare classici a basso prezzo, credo che porre degli interrogativi, essere più consapevoli, in qualche modo ci sensibilizzi di più. Quel che voglio far capire è: non scandalizziamoci IN QUALSIASI CIRCOSTANZA di un prezzo elevato. E non consideriamo IN QUALSIASI CIRCOSTANZA il risparmio, un'occasione.

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    1. Non bisogna scandalizzarsi sempre ovviamente, ma, ad esempio, una maggior trasparenza nell'era di internet gioverebbe tutti: lettori ed editori. Ad esempio, io sono la casa editrice X e pubblico un libro al prezzo Y. Potrei mettere a disposizione di tutti sul mio sito una scheda tecnica del libro in modo da far vedere al pubblico che il prezzo è dovuto a questo tipo di carta, a quel tipo d'inchiostro, al fatto che la copertina è fatta in un determinato modo, ecc.. Ovviamente, so che il prezzo non è sempre e solo determinato dal materiale ma anche dalle firme (autore, curatore, traduttore, ecc.), ma sarebbe un primo possibile passo.

      Al di là di questo, il nuovo Dostoevskij può tranquillamente emergere come sempre grazie ai lettori e alla critica. Abbassare i prezzi non credi limiti la possibilità di investire nei giovani, quello è un problema legato alle case editrici che preferiscono ristampare i classici, tradurre l'ennesimo King, fare nuove edizioni di libri già pubblicati piuttosto che dedicarsi al talent scout o simili.

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    2. Concordo sulla prima parte. Sulla seconda, credo non mi sia spiegata bene. Il problema del nuovo Dostoevskij è che non emergerà se la gente si ostina a considerare alti i prezzi delle novità = non li compra a prescindere, solo per il prezzo, senza considerare il valore dell'opera.

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    3. Questo credo dipenda anche dagli editori. Far esordire uno scrittore con un volume da 20 euro non è una mossa vincente in questo periodo. Io, personalmente, sono per l'indie in qualsiasi campo, ma l'indie si distingue dal resto per l'ottima qualità a prezzi ridotti. Se vuoi farti pubblicità credo sia necessario avere un prezzo contenuto, una volta che sei diventato King puoi venderti a qualsiasi prezzo e in qualsiasi formato.
      Spero sia chiaro il mio discorso.

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  6. Rabbrividisco alle parole "progetto grafico" associate ad un libro.
    Meglio un libro comprato perchè costa poco ad uno comprato perchè ha un bel progetto grafico. In quest'ultimo caso vorrebbe davvero dire comprare la bottiglia.

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    1. Guarda che un progetto grafico (non sempre ma spesso) è un progetto artistico. Collaborano pittori, illustratori, creativi. Sarebbe invece auspicabile una maggior cura di questo lato apparentemente più frivolo perché 1) si attenga maggiormente al CONTENUTO del romanzo 2) le persone saranno più invogliate a comprare il libro. Ti farà anche rabbrividire ma sono leggi del mercato. E se dobbiamo seguirle, almeno facciamolo con qualità e dando valore all'arte.

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    2. Tutto questo mi sembra in palese contraddizione con il tuo sconcerto per il discorso della bottiglia, visto che il progetto grafico riguarda quella e non l'acqua.

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    3. Ma che dici? L'ultimo rigo afferma chiaramente "dobbiamo seguirle (le leggi del mercato) ma facciamolo con qualità e dando valore all'arte". Ergo curiamo le edizioni (sia forma sia contenuto, con una scontata maggior attenzione al contenuto) e diamogli il valore giusto, e poi il prezzo giusto. Mi sembra chiaro il discorso.

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  7. Io mi sono imbattuta in una pila di questi romanzi giusto l'altro giorno.
    E mi fanno una rabbia cane!
    Non è la prima volta che vedo una cosa del genere: 3€ per libri come "Il piacere" di D'Annunzio o "Le metamorfosi" di Kafka (che, voglio dire, sti cazzi!) e anche più di 13€ per libri tipo quello della D'Urso!
    Snobbano le cose genuine. Vengano tirate lì da una parte quasi a nasconderle!
    Io di quei libri a 0,99€ mi sono presa "Il risveglio del vampiro" (amo TVD), ma vederlo snobbato a quella maniera mi ci ha fatto rimanere quasi male!

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    1. Prezzi bassi per i classici non significa certo snobbarli. Gli autori non si devono pagare perché morti da secoli, quindi, si paga solo l'editore. Anzi, alcuni testi, dovrebbero essere a disposizione di tutti e distribuiti gratuitamente, ma questa è Utopia.

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    2. Se l'autore è morto da secoli i diritti sono caduti (bastano 70 dalla morte dell'autore), ma questo non significa che i costi per l'editore siano nulli. Negli ultimi anni, ad esempio, proprio in virtù della fine dei diritti sono stati ritradotti molti classici (Mrs Dalloway, Ulisse, Il Grande Gatsby, per citarne alcuni), quindi gli editori hanno dovuto pagare anche i traduttori (lavoro che pochi apprezzano e che spesso viene considerato come un dato di fatto, tanto che per risparmiare molte case editrici comprano traduzioni da altre case editrici senza neanche controllarne la qualità), curatori etc. E' vero che i classici sono un patrimonio dell'umanità, ma se per renderli fruibili a tutti c'è dietro il lavoro di tanti professionisti è giusto che questi vengano remunerati, ecco perché magari conviene "investire" in una edizione ben fatta, ben tradotta e ben curata.

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  8. Non ho seguito dettagliatamente la discussione, posso solo dire che avevo acquistato Il grande Gatsby a 0,99 euro. Ho letto i primi due capitoli e la traduzione non mi convinceva per niente. Alla fine ho deciso di comprarmi l'e-book dell'Einaudi, con la traduzione di Fernanda Pivano (2,99 euro).

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  9. Le sto confrontando e sono notevolmente diverse!

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