giovedì 8 agosto 2013

La malattia contemporanea: Rosso Americano, Rick Moody



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Il titolo originale è Purple American. Nonostante sia stato usurpato dal rosso, nell'edizione italiana quel porpora, quel viola, quel rosso malaticcio, vittoriano, così carico, ha modo di scaturire a più riprese e di inondare lo sguardo del lettore. Il titolo contiene già in sé tutte le perfezioni del romanzo. Un "purple" che già al suono sembra suggerire la malattia, la morte, il degrado. Perché il viola è quasi un rosso deformato. Ti ipnotizza e dentro c'è tutto. Eros e thanatos. Queste due pulsioni ancestrali che lottano in un orizzonte di desolazione postindustriale.

Trama
Rosso Americano è un racconto condensato di 48 ore della vita di Dexter Raitliffe, uomo di mezza età, costretto a ritornare nella cittadina in cui è cresciuto per prendersi cura della madre, Billie, rimasta sola. "Ma' Raitliffe"è malata. Costretta in un letto, paralizzata, ha bisogno di costanti cure e attenzioni. Mentre Dexter deve fare i conti con il precipitare della malattia materna, scoppia un incidente in una centrale nucleare. In che modo la fuga radioattiva è intrecciata alle vicende della famiglia Raitliffe?   


La geometria del romanzo è disegnata su un triangolo: malattia-nuclearizzazione-senso di colpa. Due filoni narrativi: quello della malata degente, Billie, accudita dal figliol prodigo, Hex, e quella di Lou, marito e patrigno in fuga, coinvolto in un incidente nucleare. La narrazione binaria è unificata dal senso di colpa, sentimento che pervade ogni sillaba di questo tortuoso romanzo.
Come delle schegge impazzite continuiamo a rimbalzare in questo tossico perimetro chiuso, da un angolo all'altro del triangolo: l'ambiente contaminato dalle radiazioni che genera la malattia che genera il senso di colpa.
La scrittura di Moody è caleidoscopica. Adotta un realismo acido, corrosivo che, naturalmente finisce per mescolare dettagli grotteschi e parossistici ad elementi classici simbolici (ritorna continuamente l'immagine del bagno, simbolo di purezza ma anche di morte). L'uso della lingua è magnifico, pieno di sfumature. Ogni situazione è descritta attraverso una prospettiva inedita che mira a negare ogni descrizione fedele alla consuetudine, bandita la normalità. Mi ha ricordato molto Palahniuk. Solo che Moody è migliore. Migliore perché ha un respiro più ampio, meno frammentato, meno scandalistico. Più labirintico. Più vicino ai personaggi. Ecco, sì, i personaggi.
Hex e Billie. Il figlio e la Madre. Questa è la storia più antica del mondo. Di come gli esseri umani siano lontani anni luce, di come la più semplice delle comunicazioni risulta impossibile. Moody estrinseca il tema attraverso mortificanti processi fisici: da un lato la madre, a causa della sua malattia, sta perdendo la voce, unico baluardo di civiltà, di resistenza contro la passività che si sta impadronendo di lei. Si rifiuta di farsi aiutare dalla voce artificiale e preimpostata di un computer. Non vuole rassegnarsi al processo umiliante di reificazione a cui va inevitabilmente incontro. "Il mio corpo, il mio povero corpo" diventa una nenia ossessiva, un sottotitolo a tutte le sue non-azioni. Dall'altro lato, anche il figlio è condannato all'incomunicabilità, vittima di una più "normale" balbuzie. Queste due isole, queste due solitudini sono il cuore del romanzo. La madre che chiede un gesto di pietà, con tutti gli sforzi che le costa articolare una semplice richiesta. Si affaccia così il fantasma dell'eutanasia. Hex non comprende, non accoglie, non accetta.
Come potrebbe? Ingombrato da un complesso edipico enorme, alcolizzato e incapace di instaurare rapporti umani solidi.  
"Come fa la gente ad invecchiare? A mettere la testa a posto?". 
"Le uniche parole che vengono facili da dire ad Hex Raitcliffe sono, in sostanza, parole di scusa".
 Moody sembra scegliere per il suo romanzo delle situazioni limite, delle esistenze estreme, ai margini. La verità però è ribaltata. In realtà, tutti siamo malati. Hex e Billie sono soltanto due esempi. La malattia ci circonda perché viviamo in un ambiente contaminato. Ecco che l'apparente narrazione secondaria (quella della fuga radioattiva) trova la sua perfetta collocazione, il suo esatto significato. L'America è sciupata, consumata. Una critica caustica all'indifferenza, ai paradisi artificiali di cui noi Occidentali siamo i più famelici divoratori. Moody con il suo sarcasmo impietoso ci elenca, come un dottore ghignante, i sintomi della nostra malattia. "Il nostro diritto inalienabile alle sit-com", i cibi di plastica, lo stordimento quotidiano legalizzato di alcool e barbiturici, il nostro dimenticare continuo e incessante.
Incredibile come da un romanzo così chimico, così artificiale scaturisca così potente la compassione, la partecipazione al dolore, la comprensione totale della sofferenza. Tutti abbiamo il nostro Inferno. E Moody ce lo mostra. Un formidabile fuoriclasse, di razza bastarda che ci fa commuovere e incazzare. Uno degli scrittori della vita. 

Se potessi scegliere un'immagine da allegare al post, metterei una scena del romanzo. Difficile da commentare. Un penoso bacio su un molo che si affaccia su un cantiere dove costruiscono sottomarini militari. "Un'avventura sentimentale contemporanea, monumento a tutto ciò che c'è di grande tra gli americani, l'Electric Boat, divisione della General Dynamics Corporation (...) dove i residui lavoratori timbrano il cartellino per edificare armi di distruzione". Uno sfondo post-industriale degradato su cui questi due manichini cercano un appiglio in un mare di impotenza.

P.S. Le prime due pagine del romanzo sono una poesia. Un lunghissimo periodo in cui c'è davvero tutto. 

3 commenti:

  1. Bellissima recensione, come sempre :)
    Ogni volta che parli o scrivi di un libro mi viene voglia di leggerlo!
    Anche questo andrà a finire in wishlist.

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    1. <3 <3 Merita davvero tanto!! Rick Moody, scrittore della vita! Grazie mille per il fatto di seguirmi sempre! Un abbraccio :)

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  2. Mi avevi convinta già con le prime sei righe, poi con questo:
    “Moody con il suo sarcasmo impietoso ci elenca, come un dottore ghignante, i sintomi della nostra malattia. "Il nostro diritto inalienabile alle sit-com", i cibi di plastica, lo stordimento quotidiano legalizzato di alcool e barbiturici, il nostro dimenticare continuo e incessante.“ mi hai fatto cliccare "aggiungi al carrello".
    Grazie :)

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