Fin da quando ero piccina, ho avuto
un'ossessione per i libri massicci. Quei rassicuranti tomoni che ti
promettono innumerevoli pagine da sfogliare, infinite avventure,
lunghissime ore di apnea letteraria. Senza contare la soddisfazione di
aver scalato una montagna a lettura conclusa, la possibilità di entrare
dentro un mondo da cui uscirai soltanto dopo mille e mille pagine. I
libri sottiletta spesso (e sì, sto generalizzando) sono troppo brevi per
diventare dei veri rifugi. Che è quello che ci serve in questo momento.
Ah, no, adesso sto parlando solo di me.
Ammettiamolo. Se pensate ad
un libro, la prima cosa che vi viene in mente è un volumone polveroso e
spesso almeno sei centimetri (sì, ho misurato Anna Karenina con il
righello).
Ahimè,
il mondo superati i dodici anni non è più lo stesso. Lo spazio non è
infinito e la libreria scricchiolante dietro di te ne è la prova
conclamata. Il tempo per leggere si accorcia (anche se il tempo si deve
trovare, mica ti viene a bussare alla porta). Ritagliarsi uno spazietto
per leggere non è impossibile ma è meglio avere la possibilità di
portare i libri con sé.
Ecco, l'unico difetto dei big books è proprio
questo: la loro portabilità. Nell'era in cui tutto è sempre più
piccolo, più trasportabile, più maneggevole, i libri mammut sono delle
ingombranti e lentissime testuggini. Ok, basta con le metafore animali.
La
società liquida, sempre più frenetica e indaffarata, sembra essere poco
compatibile con le immersioni in romanzi alla infinite jest. Tutto è
frammentario, la lettura non può che adeguarsi. La compressione del
tempo e la velocità di fruizione sono diventate delle abitudini a cui
purtroppo sacrifichiamo il piacere di una sana alienazione da una realtà
fin troppo virtuale. Lo so, è un paradosso.
Ho notato anche in me
stessa questo impulso a dare precedenza a libri più piccini e "veloci"
da leggere per ultimarne effettivamente la lettura. Tendo ad abbandonare
i miei adorati big books e a posticiparne la lettura specialmente in
periodi molto impegnativi che mi permettono di leggere poco. Di questo
ne parlò anche Nick Hornby, un uomo più interessante di me, ne La
lettura, inserto del Corriere della Sera. Non vi linko l'intervista
nella speranza che prima di googlarlo finirete di leggere il mio pezzo.
Diamine, stiamo parlando proprio del bruttissimo vizio nelle società
ipertecnologiche della dispersione!
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ah, ecco chi ha ispirato la Newton Compton nella creazione dei Mammut!
RispondiEliminaio invece prima di aggredire "Il cavaliere d'inverno" di Paullina Simmons (e relativi seguiti) avevo il terrore dei libri over-300 pagine perché temevo che se li avessi abbandonati li avrei visti come una resa e mi sarebbe dispiaciuto... per alcuni vale davvero la pena arrivare in fondo nonostante la mole, ma continuo ad apprezzare i libri-fascicoletto, che sono anche più maneggevoli da appoggiare sulla pancia quando si legge a letto ;)
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