venerdì 11 ottobre 2013

I granchi dell'editoria: I like big books and I cannot lie

Fin da quando ero piccina, ho avuto un'ossessione per i libri massicci. Quei rassicuranti tomoni che ti promettono innumerevoli pagine da sfogliare, infinite avventure, lunghissime ore di apnea letteraria. Senza contare la soddisfazione di aver scalato una montagna a lettura conclusa, la possibilità di entrare dentro un mondo da cui uscirai soltanto dopo mille e mille pagine. I libri sottiletta spesso (e sì, sto generalizzando) sono troppo brevi per diventare dei veri rifugi. Che è quello che ci serve in questo momento. Ah, no, adesso sto parlando solo di me.
Ammettiamolo. Se pensate ad un libro, la prima cosa che vi viene in mente è un volumone polveroso e spesso almeno sei centimetri (sì, ho misurato Anna Karenina con il righello). images
Ahimè, il mondo superati i dodici anni non è più lo stesso. Lo spazio non è infinito e la libreria scricchiolante dietro di te ne è la prova conclamata. Il tempo per leggere si accorcia (anche se il tempo si deve trovare, mica ti viene a bussare alla porta). Ritagliarsi uno spazietto per leggere non è impossibile ma è meglio avere la possibilità di portare i libri con sé.
Ecco, l'unico difetto dei big books è proprio questo: la loro portabilità. Nell'era in cui tutto è sempre più piccolo, più trasportabile, più maneggevole, i libri mammut sono delle ingombranti e lentissime testuggini. Ok, basta con le metafore animali.
La società liquida, sempre più frenetica e indaffarata, sembra essere poco compatibile con le immersioni in romanzi alla infinite jest. Tutto è frammentario, la lettura non può che adeguarsi. La compressione del tempo e la velocità di fruizione sono diventate delle abitudini a cui purtroppo sacrifichiamo il piacere di una sana alienazione da una realtà fin troppo virtuale. Lo so, è un paradosso.
Ho notato anche in me stessa questo impulso a dare precedenza a libri più piccini e "veloci" da leggere per ultimarne effettivamente la lettura. Tendo ad abbandonare i miei adorati big books e a posticiparne la lettura specialmente in periodi molto impegnativi che mi permettono di leggere poco. Di questo ne parlò anche Nick Hornby, un uomo più interessante di me, ne La lettura, inserto del Corriere della Sera. Non vi linko l'intervista nella speranza che prima di googlarlo finirete di leggere il mio pezzo. Diamine, stiamo parlando proprio del bruttissimo vizio nelle società ipertecnologiche della dispersione!
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2 commenti:

  1. ah, ecco chi ha ispirato la Newton Compton nella creazione dei Mammut!

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  2. io invece prima di aggredire "Il cavaliere d'inverno" di Paullina Simmons (e relativi seguiti) avevo il terrore dei libri over-300 pagine perché temevo che se li avessi abbandonati li avrei visti come una resa e mi sarebbe dispiaciuto... per alcuni vale davvero la pena arrivare in fondo nonostante la mole, ma continuo ad apprezzare i libri-fascicoletto, che sono anche più maneggevoli da appoggiare sulla pancia quando si legge a letto ;)

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