Yates e Carver sono quei nomi che ti rimbombano in testa da sempre. Un rimando casuale da parte di uno scrittore, una citazione in un film, un riferimento in un articolo di giornale. Sono ovunque in letteratura. Negli scaffali, tra i critici, annoverati tra gli autori più influenti, più consigliati, più amati, più detestati. Ho questo assillo da molto tempo: non aver ancora letto nulla di questi due maestri. Ora il problema è smettere.
Perché ve ne parlo nello stesso post? Perché entrambi scrivono racconti? Perché entrambi sono americani? Non ho bisogno di lanciarmi in voli pindarici sull'importanza dell'esperienza americana nell'arte della short story. Quel modo americano di raccontare: con quel realismo lucido, analitico, a tratti brusco. Perché breve non è mica sinonimo di "superficiale, vuoto, inconcludente", come purtroppo continuano a riferirmi i non lettori di racconti. Queste due raccolte sono pienissime, strabordanti, ti travolgono con il loro carico di angoscia e disperazione invisibile.
Ho letto America oggi, e folgorata, ho iniziato subito Undici solitudini. Indovinarne due di fila così, è veramente raro. Sarà perché ne ho sempre sentito parlare insieme. Yates e poi Carver. E io prima ho letto Carver con i suoi finali che ti spezzano il fiato e poi Yates con i suoi personaggi fuori posto, rotti, cattivi. Questo loro modo di indagare nelle piccole e misere vite quotidiane, fatte di ricatti e silenzi, trucchi e maschere. Non avete idea di cosa c'è dietro la normalità. Di cosa c'è dentro una banale e tranquilla vita in provincia.
"Due cose sono sicure: uno, ormai alla gente non gliene frega più niente
di quello che succede agli altri; due, qualsiasi cosa succede, succede
agli altri (...) E, intanto, la gente intorno a te continua a chiacchierare e a
comportarsi come se fossi la stessa persona che eri ieri, stanotte,
cinque minuti fa, e invece tu stai attraversando una crisi profonda e ti
senti il cuore a pezzi…"
Con tutta quell'acqua a due passi da casa , America oggi.
"Tutti avevano il cuore spezzato, certo. Però, lo stesso".
Limonata, America oggi
L'indifferenza degli
altri. Il loro maledetto
andare avanti. E tu non puoi. La solitudine che si arrampica sulle costole, infetta le esistenze dei protagonisti. Delle monadi, stanze senza finestre, che però non hanno alcun innatismo, non rispondono a nessun ordine. Sono lì, e basta. Siamo qui, e basta. Alla ricerca che qualcuno si accorga. E si fermi. Lo scrittore non può essere soltanto un altro spettatore. Questi due scrittori si sono fermati, hanno raccolto la testimonianza, la narrano, la consacrano.
Hanno portato la luce in queste esistenze, uno sguardo gettato su quello che gli altri ignorano. La tensione drammatica che percorre le pagine e che eleva il quotidiano, il prosaico a collante universale. Questa è la letteratura che ci insegna a guardare meglio, a cercare le finestre ma anche le crepe vanno bene. Anche dalle fessure entra la luce.
“
E dove sono le finestre? Da dove entra la luce?
Bernie, vecchio amico, perdonami, ma per questa domanda non ho la
risposta. Non sono neppure sicuro che questa particolare casa abbia
delle finestre. Forse la luce deve cercar di penetrare come
puo’, attraverso qualche fessura, qualche buco lasciato dall’imperizia
del costruttore. Se è così, sta’ sicuro che il primo a esserne umiliato
sono proprio io. Dio lo sa, Bernie, Dio lo sa che una finestra ci
dovrebbe essere da qualche parte, per ciascuno di noi.”
Costruttori, Undici solitudini
Note a pié di pagina: mi fate un favore? Leggete anche Fitzgerald dopo Yates. E capirete. Sì, capirete che cose straordinarie hanno fatto queste "autorità del fallimento".