Considerato per la sua fabula nuda e cruda, 1Q84 è una storia d'amore. Una romantica e sentimentale storia d'amore. Un amore inseguito, cercato, sperato, desiderato. Il classico modello "Un ragazzo incontra una ragazza". Per rendere le cose più interessanti, Murakami ha deciso di metterci in mezzo Orwell. Alla fine della fiera, io non ho capito che bisogno c'era di scomodarlo. Sì, perché io me lo ricordo ancora cosa pensai (e cosa scrissi) sulle prime due parti del voluminoso 1Q84: "se non ci fossero stati i Little People e i riferimenti alla distopia orwelliana avrei scartato questo romanzo fin dal principio, classificandolo come robetta per trentenni dissociati". Il problema è che i Little People Murakami ce li ha messi (e dovrebbe prendersi la responsabilità sia dei Little People sia di un titolo che pesa).
Un altro problema, per certi versi, è che Murakami sa
scrivere. Questo mi impedisce di bocciare del tutto il romanzo ma ne
accresce anche la delusione (delusione che, intendiamoci,è nata già
nella seconda parte del romanzo). Forse è proprio questo il mistero:
riesce a tenerti incollato alle pagine (più nelle prime due parti
che in quest'ultima) anche se in fondo, questo intreccio, nonostante
gli sforzi di infarcirlo, risulta una crisalide d'aria. Un bozzolo
vuoto. Né mother né daughter. Vuoto. Un universo mai del tutto
indagato (e no, non parlo di spiegazioni perfettamente razionali, non
sono interessata agli spiegoni) sacrificato per descrizioni
feticiste, al limite del grottesco. Dal momento in cui ho ripudiato
lo scaffale di letteratura di serie b, speravo di non dover mai più
vedere stampata su carta la frase: "Fece pipì, si lavò i
denti".
Pagine e pagine che scorrono tra ripetizioni ossessive,
descrizioni fisiche identiche, persino nel lessico, parole che si
rincorrono come un serpente che si mangia la coda, ghirigori
superflui che confondono il lettore che aspettava tutt'altro tipo di
storia.
Insomma, il motivo distopico è andato al macero. La storia
d'amore è diluita in un mare di zuppa di miso, spaghetti e bevande
varie. Il motivo poliziesco ,la vera novità di questa terza e
conclusiva parte, è del tutto svuotato: che senso ha condurre
un'indagine di cui il lettore sa già tutto? L'ennesima ombra,
l'ennesimo déjà vu. Ushikawa stesso è un'ombra di quello che
prometteva la sua apparizione inquietante e dark nella prima parte
del romanzo. La trama si è ristretta, i personaggi appiattiti,
l'universo alternativo sbiadito.
A giudicare dagli accenni comici di
cui è, in un tentativo ancor più straniante, riempito il romanzo
(l'accoppiata Rasato e Coda di cavallo, parodia delle coppie di
poliziotti americane; per non parlare del nomignolo “Testone” con
cui viene apostrofato Ushikawa) è lo stesso Murakami ad aver tenuto
in poca considerazione la trama generale, il disegno d'insieme, il
filo rosso, il grande marchingegno che dovrebbe muovere la macchina
narrativa. Murakami ha preferito concentrarsi sui personaggi:
narcisisti fino alla nausea, si rimirano nello specchio, rincorrendo
se stessi senza sosta, abbozzando appena nuclei tematici come la
reincarnazione, il potere, l'estremismo.
Murakami è uno scrittore della suggestione, ribatterebbe qualcuno. La suggestione, però, è un attimo, un momento, un'epifania. O una serie di epifanie. Al contrario, gli elementi "fantastici" di 1Q84, vengono indagati fin troppo per essere solo delle suggestioni e fin troppo poco per essere davvero sviluppati. Ecco, perché, il monco. La dialettica tra le due dimensioni, quella dei simboli, mitica, onirica e quella del reale, crudo, scarno, concreto, l'ha portato al successo ma in quest'ultima parte è disarmonica, scattosa. Fluttua lenta in un oceano di realismo di legno.
Uno degli ultimi paragrafi recita: “Siamo
venuti in questo mondo per incontrarci. Non lo sapevamo, ma era
questo lo scopo per cui siamo finiti qui dentro. Abbiamo dovuto
affrontare tanti ostacoli, cose assurde, inspiegabili. Cose strane
sanguinose, tristi. A volte anche belle. Ci è stato chiesto un
giuramento, e l'abbiamo fatto. C'erano delle prove da superare e
l'abbiamo superate”.
Davvero? Voi avete visto tutto questo
in 1Q84? Un viaggio? Io ho letto solo tanti scorci sconnessi, che,
alla fine, sono stati incollati insieme goffamente.
Considerato che altre opere di quest'autore le ho apprezzate..questo libro io sono solito definirlo un harukiri..a buon intenditore..
RispondiEliminaIo purtroppo ho fatto il grave errore di iniziare da questo ma credo che recupererò con qualche suo capolavoro per rimediare all'"harukiri" :D
RispondiEliminaAnche io nella mia recensione ho criticato parecchio questo terzo capitolo della tilogia di Murakami 1Q84. È un vero peccato perchè dopo la fine del secondo libro, lo scrittore, aveva un miliardo di possibili strade da intraprendere per scrive questo terzo capitolo, invece ha preso la strada peggione trasfornando una bella storia, in una storia banalissima. Certi punti sono incomprensibili come la gravidanza di Aomame, e anche l'uso di Fukaeri è sbagliato, nei primi 2 capitoli della storia era un personaggio importante in quest'ultimo capitolo viene fatta praticamente sparire. Per non parlare poi, come hai già detto anche tu, della lentezza del romanzo. Se nei primi due capitoli azione e descrzione si equivalevano, in questo libro la descrizione sovrasta l'azione diventando una storia compassata, lenta e logorante.
RispondiEliminaSecondo me già il fatto che l'abbia pubblicato è qualcosa da non sottovalutare! XD
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