Articolo originale, uscito per Youbookers
Uno dei molti problemi di noi lettori
della nuova era consumistica è la mania del possesso. Mi ritrovo
giornalmente a discutere (anche contro me stessa) sul valore della
biblioteca e del prestito – poi del girone infernale creato
appositamente per coloro che non restituiscono i libri parleremo
un'altra volta. Cerco in tutti i modi di convincermi che possedere un
libro non è indice del suo valore. Uno dei libri che mi ha cambiato la
vita è stato: “La fabbrica di cioccolato” di Roald Dahl, letto a sei
anni in biblioteca. Mai avuto una copia. Eppure, dopo molti anni, ancora
riesco a citarlo con disinvoltura in un pezzo che non c'entra
assolutamente nulla. Finiamo sempre a parlare dei nostri libri
preferiti, non importa su cosa verte la discussione.
Tuttavia non posso negare che esista nella mente di noi lettori un
tarlo materialista e vorace che ci spinge a divorare tutti i nostri
risparmi, comprando, comprando, comprando libri. Tantissimi.
L'effetto più evidente di questo circolo vizioso (formato da quattro
tappe: accumuli risparmi-bruci i risparmi-accumuli libri – muori
sotterrato dai libri) è la ricerca spasmodica dell'edizione più
economica. Sì, perché tanti libri equivale a tanti soldi. E siccome
tanti soldi non si hanno nell'era della condivisione di tutto tranne che
dei suddetti, allora ci si arrangia. Questa rubrica che curo da qualche
mese, fondamentalmente dovrebbe convincervi di una verità
inoppugnabile: l'edizione è importante. È meglio spendere di più per un
lavoro svolto come si deve che spendere meno per un lavoro trasandato.
Una verità che le vostre mamme - rifiutandosi di comprarvi qualsiasi
cinesata, in attesa di un dolcevita di lana vera anziché i fuseaux di
Barbie (che bramavo più di ogni altra cosa) - vi avrebbero
dovuto inculcare da piccini, insieme al culto della canottiera sotto la
camicia. E invece no. Invece siamo venuti su male. Noi disperati pronti a
raccattare qualsiasi prezzo straccione, vi ricordate la discussione sui
Newton a 0,99 centesimi? Se non ve lo ricordate andate qui.
Ma prima dei Newton a #menodizero c'erano loro: i libri dell'edicola. I
classici di Repubblica-L'Espresso a un euro. Le collane del Corriere. I
raccontini del Sole 24 Ore. “Ce l'ho tutti”. Come le figurine
all'asilo.
S'innesca un meccanismo pericoloso che non mi sento né di condannare
in toto né di celebrarlo come la vittoria dei poveri lettori contro il
malvagio e ingordo sistema editoriale. Dove ci rimette uno ci rimettono
entrambi. Molto spesso ad un prezzo miserevole, corrispondono traduzioni
scimmiesche o decrepite, o peggio ancora: le edizioni incomplete, il
mio personale supplizio. Dopo Tenera è la notte
(ed. Dalai) e I demoni (ed. Newton) si aggiunge un altro nome alla
triste lista: “Il carteggio Aspern”, edizione facente parte della
collana “La biblioteca di Repubblica”, a cui manca il capitolo finale.
La narrazione s'interrompe in maniera repentina e brutale. Il lettore è
dapprima spiazzato, poi incredulo, poi imbufalito.
Capisco che costi un euro e non è che si può pretendere il lavoro
editoriale di un team di filologi. Capisco che è l'era del precariato e
ogni azienda si raccapezza come può - proprio Lunedì la Feltrinelli ha
scambiato il contenuto del mio pacco ordinato online con quello di un
omino con dei gusti tremendi in fatto di gialli incolpando dello
sciagurato errore proprio la mancanza di personale - ma questa è un
altra storia.
Davvero, mi mostro molto comprensiva. Tuttavia il fatto che manchi il
finale può essere semplicemente o 1) il risultato di una sbronza
epocale – avete presente il miglio d'oro ne la fine del mondo? 2) il ritorno dalla Costa
Crociere. Tra l'altro i viaggi in crociera veri sono molto più mesti e
ti lasciano addosso una vaga sensazione di appiccicaticcio, non di certo
un'irresistibile voglia di tornarci.
Cosa ci rimane da fare, a questo punto? Esatto, amici. Spendere il
doppio per procurarci un'altra edizione. Nell'elenco di libri da
ricomprare per un mio personale (e sbagliato) spirito da collezionista
ho già sette libri che avevo comprato in una pessima edizione. Sto
adocchiando (fissando per ore in libreria in attesa che mi venga il
coraggio/la malsana idea di buttare altri soldi dalla finestra,
comprandoli) quest'edizione e quest'altra.
Tutta colpa della taccagneria. E per le suddette cantonate ora sarò
costretta a spendere il doppio. Un lavoro editoriale non è facilmente
sostituibile. Ci rimettono tutti. Ma adesso il quesito più urgente è: a
chi rifilerò quest'edizione immonda, questo moncherino fetido?