L'uomo che ride è il secondo romanzo che leggo di quest'autore. Il secondo dopo i Miserabili. Il pregiudizio c'era. Non pensavo che sarebbe riuscito a superare il suo più celebre capolavoro. Invece l'ha quanto meno eguagliato. Questo romanzo è molto più cupo e terribile de i Miserabili. Non c'è una risoluzione dell'intreccio, non c'è pentimento, non c'è la giustizia letteraria. Non ci sono antagonisti leggendari ma vili, bassi agenti dell'ombra e che nell'ombra rimarranno senza che il lettore possa darsi pace, sapendo almeno che qualcuno li abbia smascherati, anche se non puniti. Oscure maree inghiottono i personaggi, naufraghi, vagabondi, mostri deformi, ciechi. "Il mare e la sorte si agitano sotto lo stesso soffio".
Ho sempre pensato che Hugo fosse prima poeta e drammaturgo e solo dopo narratore. Forse perché quello che mi spingeva a voltare pagina dopo pagina, incantata, erano i ritratti di questi meravigliosi titani che sono i protagonisti delle sue storie. Sì, perché l'intreccio de "L'Uomo che ride", sottraendo gli interminabili discorsi del misantropo-filosofo Ursus, durerebbe trecento pagine. Altro che romanzo d'appendice. Ma la bellezza di queste idee ambigue - che hanno braccia, gambe, volti, occhi - ci trasporta nell'universo tragico di Hugo. Un mondo mai così satirico (i pari d'Inghilterra e la monarchia dileggiati e disprezzati) e mai così notturno e grottesco.
Note personali: Josiane, personaggio femminile magnifico, moderno e terribile. Una donna "nata dalla marea", con un occhio azzurro brillante e uno fiammeggiante nero.